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Cecità e ipovisione

La legislazione italiana con la locuzione “cieco” intende tre gradi di minorazione differenti (cui corrispondono interventi sociali diversi):

  • cieco assoluto, cioè chi è totalmente privo della vista o il cui residuo visivo consente la sola percezione dell’ombra e della luce.
  • cieco ventesimista, cioè chi ha un residuo visivo in ciascuno degli occhi, con eventuale correzione di lenti, non superiore ad un ventesimo.
  • cieco decimista, cioè chi ha un residuo visivo non superiore in ciascun occhio ad un decimo, sempre con eventuale correzione ottica.
    Ai ciechi decimisti l’invalidità è utile per il solo accesso protetto al lavoro, secondo le norme che a parte saranno ampiamente esaminate, accesso spettante naturalmente anche agli altri ciechi.

I cosiddetti “ventesimisti” hanno titolo ad una modesta pensione non reversibile (cioè non trasferibile, in caso di morte, al coniuge ed ai figli minori) qualora versino in condizioni di bisogno economico. Inoltre hanno titolo, a prescindere dalla situazione economica, ad una indennità speciale, anch’essa modesta, da utilizzare per sopperire alla carenza di visus.
Ai ciechi assoluti compete la pensione non reversibile, in presenza di reddito personale inferiore ad un limite posto dalla legge.

Ipovedenti sono i cittadini con un residuo visivo in entrambi gli occhi non superiore a tre decimi con eventuale correzione di lenti, così come classificati dalla legge 3 aprile 2001 n. 138.

Normativa di rifertimento